Dopo aver raccontato qualche tempo fa la storia dei “veri
sardi”, che molti avranno dimenticato , ora, per completezza , parlerò
dei “veri sardisti”. Dicevo, che una volta c’erano i Sardi, in Sardegna ;
poi vennero i Cartaginesi dichiararono sinceramente di essere i “ veri
sardi”. Nessuno mise in dubbio la loro parola fino al giorno in cui si
presentarono i Romani, con un bel po’ di legioni e di cani, e
dimostrarono , armi alla mano, che i Cartaginesi altro non erano se non
un popolo di imbroglioni e di impostori. Perché i “veri sardi” sapete
chi erano? Eh , i Romani. Morti i Romani, tanti altri popoli venuti dal “
corno della forca” come si dice da queste parti, occuparono la
Sardegna; con la complicità di alcuni furbi indigeni, che presto furono
premiati col titolo di feudatari e di baroni, essi pure , uno dopo
l’altro, divennero i “veri sardi”. Questo spiega come certi duchi, fra i
più tonti d’Europa, a un tratto, e senza loro colpa, vennero a
chiamarsi re di Sardegna. Quanto a noi, i semplici Sardi, non si sapeva
più chi cavolo fossimo. Incipit hic la storia dei “veri
sardisti”. C’era una guerra fra l’Italia e l’Austria. I Sardi , che non
si sapeva chi erano, per ordine del re, furono riconosciuti italiani e ,
mediante vagoni-bestiame, peraltro gratuiti , furono mandati a
combattere contro eserciti di contadini Ungheresi, Tirolesi e Serbo
–Croati. Organizzati in gran parte in una sola brigata , la Sassari,
dovettero credere di essere i soli “ Italiani “ sul fronte delle Alpi .
fu quello il tempo glorioso in cui le sentinelle , per non farsi fregare
dal nemico, se arrivava un capitano di ispezione gli dicevano: frimincue, si ses italianu faedda sardu! Intanto
scoprivamo di esistere e cominciavano a capire che Logudoro e Campidano
erano la medesima Sardegna , valorosa e sofferente, come Gallura e
Ogliastra , Sulcis e Gerrei ,Montiferru e Mandrolisai. Al diavolo
dunque la questione dei “veri sardi”! Quando il Presidente del Consiglio
dei Ministri , ne 1918 , dichiarò solennemente che l’ Italia non
avrebbe dimenticato mai il suo debito di riconoscenza verso il popolo
sardo, i nostri guerrieri quelli scampati miracolosamente alle
mitragliatrici e alle baionette austriache , non si fidarono molto:
perché anche i governi italiani sembravano austriaci e, soprattutto ,
erano stati sempre bugiardi come i Cartaginesi , come i Romani , come
tutti gli altri invasori , ivi compresi i più tonti d’ Europa.
Costituito dunque il Partito Sardo d’ Azione , col suo programma di
autonomia e di rinascita, ebbero il coraggio di affermare che i “veri
sardi” non potevano essere che i sardisti. E furono subito moltissimi , e
in tutte le contrade dell’isola rifiorì una primavera di risolutezza ,
di consapevolezza e di speranze non più sentite. Sull’altra sponda ,
intanto , in Italia, si propagavano i velenosi tentacoli di una
dittatura la cui pericolosità fu avvertita troppo tardi dagli stessi
italiani. In Sardegna il Partito Sardo contrastava il passo al fascismo e
appariva inespugnabile con manganelli e olio di ricino. Allora , come
un cavallo di troia , mandarono un combattente che fra i reduci godeva
di un grande prestigio militare : questi fu il generale Asclepio
Gandolfo. Il quale Asclepio , dimostrandosi all’altezza della missione,
si dichiarò subito entusiasta del programma sardista e dell’autonomia. “
ma da soli non ce la farete mai, dice; perciò untevi alle milizie
fasciste, forza paris, e domani mattina mettiamo mano alla rinascita . a
tal fine ho con me un piccolo assegno del duce, un miliardo di lire,
più c he sufficiente per cominciare i lavori” coloro che si ostinavano a
diffidare di ogni dono dei governi italiani( ricordando forse l’
Eneide: “ timeo danaos et dona ferentes” ) gli risposero a c’intrai,che
in sardo suona, suona pressappoco, “vaffanculo” espressione un po’
volgare ma coraggiosa e ricca di nobili significati politici al tempo in
cui fu pronunciata. Altri sardisti credettero onestamente al generale ;
oppure erano dei fetidi topi travestiti da uomini – come se ne
incontrano tanti , ancora ai giorni nostri, in tutti i partiti politici
e nelle comunità umane in generale – e passarono al partito di
Mussolini proclamandosi “veri sardisti”. In seguito parteciparono alla
politica guerriera e imperialista di otto milioni di biciclette con un
solo pneumatico, lo spazio mortale , il bagnasciuga eccetera.
Trascorsero gli anni – il tempo fugge veloce alla testa degli uomini
ingiusti- e – i “ veri sardisti” annegarono miseramente , chi nel mare
nostrum e chi in pozzanghere di fiumicelli senza nome. Venne l’8
settembre del 1943: l’imbroglio del comunicato Badoglio , “ tutti a
casa” , il re d’Italia s’imbarca tanto di fretta che remerebbe con le
mani. Poi americani, francesi, canadesi, negri, con le loro jeep per le
povere strade della Sardegna: cioccolato, benzina, sigarette. C’è la
democrazia , passata è la tempesta , odo gli opportunisti far festa:
nascosti gli stivali e la sahariana nera, si mescolano agli antifascisti
degli esili e delle carceri, applaudono, si commuovono , piangono. Ecco
l’alto commissario , di statura così così, di cultura così così, il
buon generale Pina, la sua buona volontà: che altro poteva fare un
generale dell’aria chiamato a governare una regione terra-terra? I
sardisti si ritrovarono e si riorganizzarono col loro vecchio programma,
con la stessa bandiera, col medesimo grido di guerra: forza paris. I
partiti italianisti allora ci cantarono la canzone autonomia, autonomia ,
rinascita ,rinascita. Grazie. Non c’è più bisogno di sardisti i “ veri
sardisti” siamo noi. Anche all’interno del Partito Sardo d’ Azione, che
si rifiuta di sparire, compaiono due correnti: una sardista e una più
sardista. Quest’ultima , un giorno che si discuteva di sardismo, persa
la pazienza , uscì dal partito sbattendo la porta e si gettò dentro il
partito socialista italiano. Nella foga , qualcuno passò da parte a
parte e riparò lontano. Il Partito Sardo d’ Azione subì, o per
malformazioni congenite , o per infezioni sopravenute. Divenne magro e
fico: nessuno allora sentì la vocazione di dichiararsi “ vero sardista”
eppure smentendo tutti i profeti, questo vecchio partito dalle buone
radici non moriva, barcollava sotto i colpi degli ingenerosi e degli
ingrati, ma non si arrendeva ;simile a quel pugile che abbiamo visto al
cinema , poveretto e glorioso che, alla quindicesima , si arrabbia e
abbatte il mostruoso avversario. Larghe fasce di veri sardisti per la
verità affiorano or si or no anche in altri partiti di chiara fama, che
accolgono impetuosamente le principali proposizioni del Partito Sardo
come la zona franca , il problema della lingua , dell’autonomia
effettiva, delle servitù militari eccetera, eccettera , e affermano di
averle ereditate dai bisnonni.
sardi”, che molti avranno dimenticato , ora, per completezza , parlerò
dei “veri sardisti”. Dicevo, che una volta c’erano i Sardi, in Sardegna ;
poi vennero i Cartaginesi dichiararono sinceramente di essere i “ veri
sardi”. Nessuno mise in dubbio la loro parola fino al giorno in cui si
presentarono i Romani, con un bel po’ di legioni e di cani, e
dimostrarono , armi alla mano, che i Cartaginesi altro non erano se non
un popolo di imbroglioni e di impostori. Perché i “veri sardi” sapete
chi erano? Eh , i Romani. Morti i Romani, tanti altri popoli venuti dal “
corno della forca” come si dice da queste parti, occuparono la
Sardegna; con la complicità di alcuni furbi indigeni, che presto furono
premiati col titolo di feudatari e di baroni, essi pure , uno dopo
l’altro, divennero i “veri sardi”. Questo spiega come certi duchi, fra i
più tonti d’Europa, a un tratto, e senza loro colpa, vennero a
chiamarsi re di Sardegna. Quanto a noi, i semplici Sardi, non si sapeva
più chi cavolo fossimo. Incipit hic la storia dei “veri
sardisti”. C’era una guerra fra l’Italia e l’Austria. I Sardi , che non
si sapeva chi erano, per ordine del re, furono riconosciuti italiani e ,
mediante vagoni-bestiame, peraltro gratuiti , furono mandati a
combattere contro eserciti di contadini Ungheresi, Tirolesi e Serbo
–Croati. Organizzati in gran parte in una sola brigata , la Sassari,
dovettero credere di essere i soli “ Italiani “ sul fronte delle Alpi .
fu quello il tempo glorioso in cui le sentinelle , per non farsi fregare
dal nemico, se arrivava un capitano di ispezione gli dicevano: frimincue, si ses italianu faedda sardu! Intanto
scoprivamo di esistere e cominciavano a capire che Logudoro e Campidano
erano la medesima Sardegna , valorosa e sofferente, come Gallura e
Ogliastra , Sulcis e Gerrei ,Montiferru e Mandrolisai. Al diavolo
dunque la questione dei “veri sardi”! Quando il Presidente del Consiglio
dei Ministri , ne 1918 , dichiarò solennemente che l’ Italia non
avrebbe dimenticato mai il suo debito di riconoscenza verso il popolo
sardo, i nostri guerrieri quelli scampati miracolosamente alle
mitragliatrici e alle baionette austriache , non si fidarono molto:
perché anche i governi italiani sembravano austriaci e, soprattutto ,
erano stati sempre bugiardi come i Cartaginesi , come i Romani , come
tutti gli altri invasori , ivi compresi i più tonti d’ Europa.
Costituito dunque il Partito Sardo d’ Azione , col suo programma di
autonomia e di rinascita, ebbero il coraggio di affermare che i “veri
sardi” non potevano essere che i sardisti. E furono subito moltissimi , e
in tutte le contrade dell’isola rifiorì una primavera di risolutezza ,
di consapevolezza e di speranze non più sentite. Sull’altra sponda ,
intanto , in Italia, si propagavano i velenosi tentacoli di una
dittatura la cui pericolosità fu avvertita troppo tardi dagli stessi
italiani. In Sardegna il Partito Sardo contrastava il passo al fascismo e
appariva inespugnabile con manganelli e olio di ricino. Allora , come
un cavallo di troia , mandarono un combattente che fra i reduci godeva
di un grande prestigio militare : questi fu il generale Asclepio
Gandolfo. Il quale Asclepio , dimostrandosi all’altezza della missione,
si dichiarò subito entusiasta del programma sardista e dell’autonomia. “
ma da soli non ce la farete mai, dice; perciò untevi alle milizie
fasciste, forza paris, e domani mattina mettiamo mano alla rinascita . a
tal fine ho con me un piccolo assegno del duce, un miliardo di lire,
più c he sufficiente per cominciare i lavori” coloro che si ostinavano a
diffidare di ogni dono dei governi italiani( ricordando forse l’
Eneide: “ timeo danaos et dona ferentes” ) gli risposero a c’intrai,che
in sardo suona, suona pressappoco, “vaffanculo” espressione un po’
volgare ma coraggiosa e ricca di nobili significati politici al tempo in
cui fu pronunciata. Altri sardisti credettero onestamente al generale ;
oppure erano dei fetidi topi travestiti da uomini – come se ne
incontrano tanti , ancora ai giorni nostri, in tutti i partiti politici
e nelle comunità umane in generale – e passarono al partito di
Mussolini proclamandosi “veri sardisti”. In seguito parteciparono alla
politica guerriera e imperialista di otto milioni di biciclette con un
solo pneumatico, lo spazio mortale , il bagnasciuga eccetera.
Trascorsero gli anni – il tempo fugge veloce alla testa degli uomini
ingiusti- e – i “ veri sardisti” annegarono miseramente , chi nel mare
nostrum e chi in pozzanghere di fiumicelli senza nome. Venne l’8
settembre del 1943: l’imbroglio del comunicato Badoglio , “ tutti a
casa” , il re d’Italia s’imbarca tanto di fretta che remerebbe con le
mani. Poi americani, francesi, canadesi, negri, con le loro jeep per le
povere strade della Sardegna: cioccolato, benzina, sigarette. C’è la
democrazia , passata è la tempesta , odo gli opportunisti far festa:
nascosti gli stivali e la sahariana nera, si mescolano agli antifascisti
degli esili e delle carceri, applaudono, si commuovono , piangono. Ecco
l’alto commissario , di statura così così, di cultura così così, il
buon generale Pina, la sua buona volontà: che altro poteva fare un
generale dell’aria chiamato a governare una regione terra-terra? I
sardisti si ritrovarono e si riorganizzarono col loro vecchio programma,
con la stessa bandiera, col medesimo grido di guerra: forza paris. I
partiti italianisti allora ci cantarono la canzone autonomia, autonomia ,
rinascita ,rinascita. Grazie. Non c’è più bisogno di sardisti i “ veri
sardisti” siamo noi. Anche all’interno del Partito Sardo d’ Azione, che
si rifiuta di sparire, compaiono due correnti: una sardista e una più
sardista. Quest’ultima , un giorno che si discuteva di sardismo, persa
la pazienza , uscì dal partito sbattendo la porta e si gettò dentro il
partito socialista italiano. Nella foga , qualcuno passò da parte a
parte e riparò lontano. Il Partito Sardo d’ Azione subì, o per
malformazioni congenite , o per infezioni sopravenute. Divenne magro e
fico: nessuno allora sentì la vocazione di dichiararsi “ vero sardista”
eppure smentendo tutti i profeti, questo vecchio partito dalle buone
radici non moriva, barcollava sotto i colpi degli ingenerosi e degli
ingrati, ma non si arrendeva ;simile a quel pugile che abbiamo visto al
cinema , poveretto e glorioso che, alla quindicesima , si arrabbia e
abbatte il mostruoso avversario. Larghe fasce di veri sardisti per la
verità affiorano or si or no anche in altri partiti di chiara fama, che
accolgono impetuosamente le principali proposizioni del Partito Sardo
come la zona franca , il problema della lingua , dell’autonomia
effettiva, delle servitù militari eccetera, eccettera , e affermano di
averle ereditate dai bisnonni.
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